Tamim Al Thani, presidente del PSG, durante l'incontro col Premier francese Nicolas Sarkozy. DayLife
"Meno male che ci sono loro, almeno il soldo gira!". Oppure "Con loro la maglia non conta niente, si deve pensare solo al denaro".
Queste sono le due facce della medaglia. Ma la realtà è una sola: gli sceicchi stanno avendo un'importanza sempre maggiore nell'economia calcistica e sportiva in generale.
In ordine cronologico Manchester City, Malaga e Paris SG hanno trovato la loro fortuna economica grazie al patrimonio inestimabile dei suoi proprietari.
Ma perché uno sceicco compra una società?
Non è per spavalderia, non è per dimostrare le proprie ricchezze. Piuttosto si tratta di un investimento.
Non è per spavalderia, non è per dimostrare le proprie ricchezze. Piuttosto si tratta di un investimento.
Certo, un pizzico di superbia c'è, ma gli sceicchi in ogni operazione sportiva non hanno mai perso di vista il ritorno economico.
Dopo l'assegnazione del mondiale 2022 in Qatar, la figura dello sceicco qatariano sta prendendo sempre più piede nel mondo calcistico. Delle tre squadre presenziate da sceicchi infatti, due sono sotto il controllo di magnati qatariani (Abdullah Al Thani per il Malaga e Tamim Al Thani per il Paris Saint Germain).
Lo sceicco qatariano viene mandato "in missione" nel nostro continente a cercare una società da comprare in Inghilterra, Spagna o Italia al fine di garantire visibilità al Qatar in vista del mondiale. Il calcio diviene un settore economico sicuro su cui concentrare ingenti somme di denaro.
L'Italia non è stata ancora investita da questa ondata di investitori arabi. Questo perché uno sceicco di certo non trova motivazioni tali da protrarre investimenti in un sistema come quello del calcio italico contraddistinto da una Lega ancora fossilizzata su problemi giuridici (vedi il calcio-scommesse o la recente riapertura della polemica Calciopoli), da un campionato dal tasso tecnico sempre più inferiore e da un mercato televisivo impoverito.
Lo sceicco qatariano viene mandato "in missione" nel nostro continente a cercare una società da comprare in Inghilterra, Spagna o Italia al fine di garantire visibilità al Qatar in vista del mondiale. Il calcio diviene un settore economico sicuro su cui concentrare ingenti somme di denaro.
L'Italia non è stata ancora investita da questa ondata di investitori arabi. Questo perché uno sceicco di certo non trova motivazioni tali da protrarre investimenti in un sistema come quello del calcio italico contraddistinto da una Lega ancora fossilizzata su problemi giuridici (vedi il calcio-scommesse o la recente riapertura della polemica Calciopoli), da un campionato dal tasso tecnico sempre più inferiore e da un mercato televisivo impoverito.
Per ora, quindi, il calcio italiano rimarrà nuovamente a guardare le folli spese degli sceicchi, importatori di petrodollari, cercando di restare competitivo con i mezzi precari che ha a disposizione. O aggrappandosi all'americano di turno, ignoto ai più...
Lorenzo Di Caprio
Lorenzo Di Caprio
verissimo... le squadre italiane certi giocatori se li sognano non hanno i soldi per pagarli a differenza degli sceicchi stra ricchi che fanno offerte spaventose :(
RispondiEliminaVerissimo damix.
RispondiEliminaCome ho scritto nell'editoriale, l'Italia sta perdendo sempre di più lo charme che aveva agli occhi degli stranieri, per via di problemi interni come il calcio scommesse.
Lorenzo
Inoltre per il motivo che dicevo prima il campionato italiano sta perdendo anche prestigio perchè gli unici giocatori forti sono le rivelazioni che nessuno si aspetta ma anche questi sono destinati a partire per l'estero (ad esempio Pastore...)
RispondiEliminaPastore specialmente proprio verso il PSG che oltre ai soldi, obiettivamente, non ha granchè!
RispondiEliminaLorenzo
Il problema vero è che in Italia esiste una barriera di forte respinta verso gli imprenditori provenienti dall'estero. Non a caso il 'primo' presidente straniero del nostro calcio, l'americano Thomas DiBenedetto, ha impiegato più di un anno effettivo prima di riuscire ad acquistare la Roma. Il nostro è un sistema rigido, basato su gerarchie consolidate, su legami di potere e di palazzo. Il nuovo, colui che può insidiare queste gerarchie, viene visto come un pericolo. Dunque, viene respinto. Ricordiamoci di alcune vicende: i russi (Roma, 2004), Soros (Roma, 2008), Sawiris (Roma, 2010), Tim Barton (Bari, 2009), Rezart Taçi (Bologna, 2009). Imprenditori o entità ad un passo dall'ingresso nel calcio italiano, misteriosamente 'fatti fuori' all'ultimo istante. Respinti da un sistema che non li gradiva. Purtroppo siamo al cospetto di una triste realtà: devono dominare le solite tre, agli altri vanno le briciole. Chi tenta d'insidiarsi al vertice, viene stroncato senza pietà.
RispondiEliminaIl "primo" presidente straniero, come ho detto, è ignoto ai più e come patrimonio singolo non ha niente... a noi mancano proprio i soldi, non la presenza straniera. A mio parere, serve uno sceicco
RispondiEliminaMa il Qatar non aveva anche problemi di ordine pubblico, democrazia ecc...investire lì pareva brutto???
RispondiEliminaMarco credo che come ho scritto nell'editoriale per quanto riguarda l'investimento sportivo il venire in europa è tutto in vista dei mondiali 2022. La loro politica credo sia quella di prelevare giocatori ora nei loro club europei, e portarli a fine carriera in Qatar arrivando nel 2022 con dei testimonial europei che giocano lì.
RispondiEliminaI soldi li portano gli imprenditori stranieri, che non vengono fatti entrare. Perché i soldi che portano sono "pericolosi". Una Roma, un Napoli, una Fiorentina o un Palermo forgiate da soldi 'arabi' costituirebbero un pericolo enorme e "ingestibile" per Milan, Juventus e Inter. E' inutile prenderci in giro e raccontare favole, il calcio italiano è un sistema gerarchico controllato dal potere economico del nord. E così dev'essere. Lo dice la storia. Altrimenti non si spiega il continuo allontanamento (misterioso) di risorse estere.
RispondiEliminaAlessio gli imprenditori stranieri non è che sono tutti ricchi... cioè, parliamoci chiaro. Un Di Benedetto cosa può dare in più all'economia calcistica italiana? Ha i soldi per comprarsi gente da 50 o 60 milioni? Gli unici talenti che abbiamo, sono quelli scoperti, ed appena vediamo 30 o 40 milioni, li svendiamo... se non viene un petroliere che stanzia 200 milioni per una società italiana, la vedo nera.
RispondiEliminaSulle risorse patrimoniali di DiBenedetto, Pallotta, Rouane e D'Amore potremmo anche star qui a disquisire. Non credo siano proverbialmente dei "poveracci". Ma ad esempio, tal Souleyman Kerimov (attuale proprietario del club russo dell'Anzhi) nel calcio italiano avrebbe potuto far comodo. Sbaglio o fu ad un passo dall'acquisto della Roma nella primavera del 2004, salvo essere misteriosamente allontanato all'ultimo istante? Forse perché una tale "potenza" finanziaria del soggetto avrebbe messo a serio rischio il dominio gerarchico storico e consolidato di Milan, Inter e Juventus. Poi c'è Soros, altro caso storico mai chiarito. Per ciò che concerne gli attuali o futuri proprietari americani della Roma, il discorso è diverso. I soldi ce li avrebbero anche (tant'è che ricapitalizzeranno per una cifra vicina ai 100 milioni di euro, mica bruscolini), ma il loro progetto non è quello di buttare soldi. Ricordiamoci del fair play finanziario, ormai imminente. L'intenzione è quella di costruire una squadra puntando sul vivaio e sulla ricerca di giovani talenti all'estero. Esattamente la filosofia sposata dal Barcellona e dal Manchester United.
RispondiEliminaanche io penso tutte queste cose
RispondiEliminal'italia ha perso tanto
Sanchez
Pastore
Menez
Sono stranieri ma sono cresciti da noi!
ora ci abbandonano solo x degli stupidi soldi, poi alla fine i calciatori secondo me non hanno bisogno di così tanto! sicuramente loro devono campare ma cavolo pastore 43 milioni ! è inutile senza soldi l'italia è fallita
Sul fatto di Kerimov ti do ragione, ma purtroppo per colpa di Berlusconi è saltato tutto (qui non proseguo altrimenti sono costretto a cambiare discorso!)
RispondiEliminaPer quanto riguarda DiBenedetto, la filosofia del Barcellona e dello United parte dai 15 anni, con l'80% dei giovani del proprio paese... scusami ma la Roma difficilmente arriverà a costruire un progetto come quello che descrivi... poi lo spero, perchè da amante del calcio vorrei che il nostro appeal salga!
Allora vedi che la pensiamo ugualmente ;) Io avanti ci sono andato, con un mio dossier su campionatoseriea.net del 14 ottobre scorso. E' ormai evidente la scorretta ostilità del nostro sistema calcistico verso il ricco imprenditore straniero.
RispondiEliminaSulla Roma, beh, è ovvio che si tratti di un progetto molto ambizioso e "rischioso". Si parla di una vera rivoluzione culturale agli albori. Se riuscirà o non riuscità, solo il tempo potrà stabilirlo. Ma penso che l'intenzione di provarci sia sacrosanta. Meglio avere un progetto, per quanto duro da realizzare, che "tirare a campare" come fanno molti altri club italiani. Il modello 'italiano' da seguire, in tal senso, è l'Udinese. Una società avanti dieci anni rispetto alle altre.