Petra Kvitova col trofeo di Wimbledon. (Daylife)
Foro Italico 2010. Durante il week end delle qualificazioni maschili si giocava la Federation Cup. Campo Pietrangeli.
Flavia Pennetta ha l’opportunità di consegnare all’Italia il punto per volare tre a zero contro la Repubblica Ceca, ma soprattutto per raggiungere la finale. Io, attentissimo, in tribuna. Di là dalla rete c’è una ventenne spilungona, mancina, algida, macchinosa. Eppure tirava. Eccome se tirava.
Petra Kvitova ha perso quella partita, ma ha mostrato a tutti quanti che la materia prima da modellare per tirar fuori un talento c’era. Ma non certo fino a vincere Wimbledon, almeno non secondo me.
Oggi, infatti, la ceca ha rovesciato tutti i pronostici del mondo sul Centre Court, mettendo in mostra un tennis diverso, preciso, potente, e, cosa preoccupante per le avversarie, ampiamente migliorabile. Può darne conferma Maria Sharapova, tornata quella del post infortunio, vale a dire feticista del doppio fallo. Un 6-3 6-4 che non ammette manco per un attimo repliche. Magistrale la chiusura con l’ace, solo il primo nonostante una vagonata di servizi vincenti.
La Kvitova era già arrivata in semifinale a Wimbledon lo scorso anno, ma tutti ce ne eravamo già dimenticati. Così come sono passati sotto un quasi silenzio gli ottimi risultati ottenuti nel 2011. Vittoria a Brisbane, quarti agli Open d’Australia, vittoria al Wta di Parigi e a Madrid (in finale rispettivamente su Clijsters e Azarenka), ottavi al Roland Garros e finale a Eastbourne.
Nella finale di Wimbledon ha vinto sotto gli occhi di connazionali illustrissime, come Martina Navratilova (naturalizzata statunitense anni e anni fa, ma di sangue ceco) e Jana Novotna, vincitrice a Londra nel 1998, ma ricordata soprattutto per aver pianto addosso alla duchessa di Kent dopo la finale persa dalla Graf nel 1993.
Petra, come ricordato, ha ancora margini di miglioramento. Dove potrà arrivare non si sa, ma la cosa certa è che la sua vittoria rappresenta un segnale per il tennis femminile, da accomunare a quello di Francesca Schiavone. Se la nostra giocatrice ha insegnato che si può vincere variando il gioco e sapendo giocare veramente a tennis, la ceca ha dimostrato che si può picchiare di qualità, mantenendo quando serve una buona capacità di tocco.
L’avrà capito, Masha, che il suo non è tennis?
Francesco Bondielli
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